Cos’ha Bologna più di ogni altra città? I soprannomi!

Il capoluogo emiliano, oltre alle bellezze e curiosità che via via scopriremo, accumula su di sé, infatti, più nomignoli di qualunque altro centro abitato.

Se è chiamata “La Rossa” per il colore dei mattoni che caratterizzano il suo centro storico e, in tempi più recenti, per l’orientamento politico che ha spesso manifestato, Bologna è definita anche “La Grassa” e “La Dotta”.

È facile giustificare il primo appellativo: nel territorio emiliano c’è da sempre una grande attenzione per la buona cucina e i prodotti gastronomici di qualità (come il parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma e la mortadella) che a Bologna si compongono in ricette come quella del sugo di carne, delle ottime lasagne verdi, del dolce certosino, tipico del periodo natalizio, per non parlare dei tortellini, conosciuti in tutto il mondo.

A proposito di tortellini, qui ci imbattiamo anche in un’altra denominazione di Bologna, definita pure “La città delle 3 T”: la prima T ci ricorda appunto i Tortellini; la seconda, invece, le numerose Torri.

Di torri a Bologna in epoca medievale ce n’erano più di cento, ma ora ne restano meno di venti; quelle più famose, che accolgono il visitatore in fondo a via Indipendenza e vicino a Piazza Maggiore, sono la Torre degli Asinelli e la Torre della Garisenda. Le due torri ricordano l’antica origine di Bononia come colonia romana, poiché sono collocate nel punto d’ingresso in città dell’antica via Emilia. Se la torre degli Asinelli, costruita dall’omonima famiglia nel XII secolo, è visitabile (almeno se si è disposti a salire i suoi 498 gradini!), non lo è invece la Garisenda, coeva alla precedente, che però attira ugualmente l’attenzione popolare. Almeno da quando, a causa di un cedimento del terreno, sprofondò inclinandosi vistosamente, e alla metà del XIV secolo costrinse al suo ridimensionamento.

Alla base della Garisenda una lapide ricorda come anche Dante, che la vedeva alla sua altezza originaria, parli di lei nel XXXI canto dell’Inferno, notando come la torre sembrasse inclinarsi verso le nubi, al passar di queste sul suo capo, con un falso movimento che poteva generare spavento.

Bologna non è solo torri, ma anche tantissime altre bellezze architettoniche: impossibile fare cenno a questa splendida città senza ricordare, infatti, Piazza Maggiore e gli edifici che la circondano, vero cuore artistico e simbolico del capoluogo.

Piazza Maggiore, che i bolognesi, tra cui il compianto Lucio Dalla, chiamano e conoscono come Piazza Grande, ha intorno a sé veri gioielli di architettura.

È buffo pensare però che il più celebre di questi è un incompiuto: infatti la Basilica di San Petronio, nonostante i 273 anni in cui è stata in costruzione (dal 1390 al 1663), rimane impressa per la sua facciata evidentemente lasciata a metà. Dedicata al patrono della città, è la quinta chiesa più grande al mondo, tanto che (come ci dicono i bolognesi), nei giorni più freddi e umidi dell’anno al suo interno si forma addirittura la nebbia!

Dentro la Basilica merita attenzione, poi, la meridiana posta sul pavimento della navata sinistra: è la più lunga meridiana al mondo in un luogo chiuso, ed indica ogni giorno, attraverso il raggio di sole che passa da un foro all’altezza di 27 metri, il trascorrere del tempo e delle stagioni.

Prima di arrivare alla Basilica, non si può dimenticare di ammirare la Piazza del Nettuno, con la celebre Fontana voluta nel 1566 da Carlo Borromeo per celebrare papa Pio IV, suo zio materno appena eletto al soglio pontificio, e realizzata dal Giambologna.

Fra Piazza Maggiore e Piazza del Nettuno si trova invece il Palazzo del Podestà, sormontato dalla torre campanaria dell’arengo. Una curiosità che tutti i bolognesi conoscono: se si parla a bassa voce, rivolti al muro, in un angolo alla base dei quattro pilastri che sostengono la volta a crociera della torre, la voce arriva perfettamente chiara e distinguibile a chi si trova all’angolo opposto, permettendo di sostenere veri e propri dialoghi a distanza!

Meno celebre ma ugualmente degna di una visita, è anche la vicina biblioteca Salaborsa, situata nella sede storica del Comune di Bologna e promotrice di molte interessanti attività cittadine. Attraversando Piazza Maggiore e lasciando San Petronio sulla destra, una stradina laterale porta poi alla Chiesa di Santa Maria della Vita, dove si può ammirare il più celebre dei numerosi Compianti sul Cristo Morto presenti in città: la composizione, realizzata da Niccolò dell’Arca nella seconda metà del XV secolo, colpisce per la drammaticità teatrale delle figure che lo costituiscono.

Allontanandosi un po’ di più dalla Piazza, un altro edificio, anzi, una serie di edifici che merita senza dubbio di essere visitato è il Complesso di Santo Stefano.

Quando ci si arriva sembra di essere giunti in terre lontane ed epoche remote: costruito infatti a partire dal V secolo, il Complesso fu voluto dal vescovo Petronio per riprodurre a Bologna i luoghi sacri di Gerusalemme. Oggi rimangono solo quattro chiese ad affacciarsi sulla piazza triangolare e suggestiva di Santo Stefano, ma la Basilica è detta tuttora, in base al progetto originario, delle “Sette chiese”.

Ritornando verso Piazza Maggiore e costeggiando il fianco sinistro di San Petronio troviamo poi il palazzo dell’Archiginnasio, fatto costruire anch’esso dal cardinale Borromeo come sede dell’Università, che ospitò fino all’inizio dell’Ottocento: al suo interno si trova anche il bellissimo Teatro Anatomico in legno intagliato, utilizzato per le lezioni di anatomia.

A proposito di anatomia! Arriviamo qui a scoprire qual è la terza, misteriosa, T che avevamo lasciato in sospeso: essa allude infatti alle forme procaci delle ragazze bolognesi, definite in modo colorito, adeguato al clima giovane, studentesco e irriverente, della città.

Ultima peculiarità cittadina è infatti la presenza di un’illustre Università, e della vasta gamma di atti di goliardia e superstizioni che ad essa si legano.

Bologna, come è noto, è una delle più antiche Università d’Europa, fondata nel 1088 e ancor oggi riferimento del panorama culturale e scientifico italiano; ecco spiegata quindi anche la denominazione di Bologna come “La Dotta”, città segnata da un atteggiamento di grande apertura culturale e insieme leggermente presuntuoso, com’è tipico di ogni luogo che sa di avere grandi qualità e un glorioso passato. Se nel secolo scorso la goliardia presente alla festa delle matricole, con le feluche colorate e i mantelli, riusciva a bloccare il traffico e a creare gravi scompigli in città, oggi essa si è invece molto ridotta, anche se la zona universitaria di Via Zamboni continua a essere attiva e in città permangono varie superstizioni: ad esempio, quella che intima chi si deve laureare a non attraversare mai in diagonale Piazza Maggiore, se non vuole che la sua laurea sfumi miseramente.

Ultimo nomignolo che viene attribuito a Bologna è infine quello di “città dei portici”: per ben 40 km, infatti, la città è percorsa da portici che ne rispecchiano lo stile, divenendo una via parallela di comunicazione e di incontro sia nei giorni più assolati che in quelli più piovosi. Chi si reca a Bologna e vuole apprezzare a pieno questi percorsi coperti, oltre che godere di una straordinaria vista della città, deve però percorrere i 4 km di portici che dal centro cittadino portano alla Chiesa di San Luca, posta sopra il Colle della Guardia.

Unico consiglio è di vestirsi comodi e non distrarsi troppo a fare foto, mentre si sale: il percorso è lungo e ripido, e il bellissimo panorama va letteralmente conquistato!

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