Prendi una a cui piace scrivere, aggiungile lo sguardo rilassato e irriverente di chi è in vacanza e portala in un paese lontano e sconosciuto.

Fatto (direbbe Muciaccia)?

Ottimo: allora avrai ottenuto un elenco di interessantissimi spunti sulla vita e il mondo tunisino, visto da una viaggiatrice per scelta e citrulla per nascita!

Iniziamo:

  • quando parti per un viaggio e prendi di nuovo l’aereo dopo tanto tempo, sei così felice della nuova avventura che nulla potrebbe metterti di cattivo umore! Mi correggo: quasi nulla. Ad esempio un simpatico bambino indemoniato gestito da genitori visibilmente incoerenti fra loro che per tutto il viaggio non fa che urlare, cambiare posto e gettarsi letteralmente a cavallo dei sedili. Tanto che, all’arrivo, a tutti i passeggeri presenti verrebbe voglia di recuperare l’antica, tamarra, usanza di fare l’applauso all’atterraggio, ma non per la bravura del pilota, quanto per la gioia di liberarsi a breve di una tale maleducata famiglia!;
  • gli ecomostri di cemento armato bellamente abbandonati accanto alle vie di alto scorrimento sono uguali in tutto il mondo. Con un’unica differenza: in Tunisia hanno le cupole;
  • quando osservi il panorama dall’autobus e ti accorgi di aver già visto otto pizzerie in dieci minuti, ti viene il dubbio di non essere atterrato a Djerba ma a Napoli;
  • in Tunisia gli alberi sono fatti per legarci i cavalli o, al massimo, i dromedari;
  • arrivata in hotel la tua autostima subisce subito un’impennata, non appena vedi avvicinarsi a te un bel fusto, che capisci italiano e visibilmente interessato ad attaccare bottone. Dopo l’iniziale sorpresa, però (del genere: è l’aria italiana che rende poco propositivi i miei conterranei?), capisci subito dove si annida l’inevitabile fregatura: il tizio voleva sì, infatti, parlare proprio con te, ma solo per farti sapere quanto lui e la sua famiglia si erano trovati male in vacanza e per augurarti il meglio, a te che la iniziavi. Ma poi, io dico, posto così, che razza di augurio è??;
  • l’assoluto rifiuto di attivare la promozione per l’estero del tuo gestore telefonico a mille mila euro al MB, e la presenza del WiFi solo nella hall del villaggio ti fanno capire una verità semplice eppure sconvolgente: si può vivere anche senza cellulare. E neppure tanto male;
  • la prima cosa che capisci arrivando in Tunisia, girando per le strade, andando in spiaggia o visitando le città, è che il dromedario, lì, è come il nero: sta bene su tutto;
  • …e tutti stanno bene sul dromedario, almeno a detta delle moltitudini di possessori di tali camelidi che cercano incessantemente di convincerti a farci un giro su, utilizzando pure l’espediente dei dromedarini che fanno tenerezza e attirano le giovani pulzelle per una foto. Ovviamente noi non ci siamo fatte fregare così facilmente! Forse.;
  • che sia per fare un giro in dromedario, per acquistare delle spezie o delle ceramiche o per riportare ciondolini vari, impari poi subito che l’essenziale in terra tunisina è contrattare. Contrattare, contrattare sempre e comunque. Altrimenti il venditore pare quasi che si offenda. E le nostre eroine (metti caso si fossero fatte fregare per il suddetto giro in dromedario) a forza di contrattare potrebbero aver ottenuto almeno di pagare la metà del prezzo di partenza!;
  • inizi a capire che le bionde, alte, italiane con gli occhi chiari possono essere apprezzate in Tunisia quando, sulla spiaggia, osservi i bagnini poco più avanti rispetto al tuo ombrellone e solo dopo un po’ ti accorgi che in loro c’è qualcosa di strano: sono girati dalla parte sbagliata del mare!;
  • quando cominci a viaggiare per l’isola e osservi la viabilità locale, noti un’altra caratteristica che rende la Tunisia subito casa: in mezzo alle rotonde ci sono gli stessi monumenti brutti che da noi!;
  • se ti interessi alle tradizioni locali e scopri che, fino a una generazione o due fa, a un mese dal matrimonio la sposa veniva messa letteralmente “all’ingrasso”, nutrendola di continuo, perché la rottura del letto durante la prima notte di nozze era considerata di buon auspicio, non puoi che essere felice di non pensare proprio a sposarti. Specialmente in Tunisia;
  • il piano regolatore tunisino ha tutto un suo fascino: oltre a obbligare le nuove costruzioni all’uso tipico di cupole e archi, per evitare che le case siano troppo alte, deturpando il paesaggio e l’armonia locale, stabilisce uno straordinario criterio naturale: devono essere più basse dell’ “altezza palma”!;
  • a tal proposito: osservando i caschi di piccoli frutti verdi che oscillano al vento sotto le foglie di palma, che impressione che fa rendersi conto che i datteri, quindi, non nascono imbustati!;
  • nel tuo desiderio di imparare quell’affascinante lingua che è l’arabo (o almeno una delle sue declinazioni nazionali) da uno dei ragazzi che lavorano nel villaggio e che si avvicina a te ogni giorno di più, come fai a non scoppiare a ridere quando arriva a una parola fondamentale (secondo lui) per la sopravvivenza, ovvero al nome dell’organo genitale maschile, e scopri che si dice, brevebreve, solo “zbi”?!;
  • assistere incantata a uno spettacolo di danza del ventre, godendo della sensualità di movimenti e forme morbide che la caratterizza, ti fa capire che tale danza è, senza dubbio, l’occasione di riscatto di ogni pancina;
  • l’apertura a tutte le sensibilità religiose e la spinta simultanea e quasi contraddittoria verso il mondo occidentale da una parte e le proprie origini africane dall’altra di cui i tunisini spesso si vantano (a ragione), può essere esemplificata dall’avanzare fianco a fianco, sulla spiaggia, di due ragazze simili, una in bikini e un’altra in burqini (tipo di costume da bagno per donne islamiche che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi) che ridono insieme e si vanno a divertire;
  • due cose conviene comprare in Tunisia: la benzina e gli assorbenti. La benzina perché costa fino a soli dieci centesimi al litro, nelle zone vicine alla Libia; gli assorbenti perché costano un terzo dei nostri, eppure ugualmente prodotti. Insomma, a pensarci, in entrambi i casi si tratta di flussi vitali e di che valore dà loro chi non ce l’ha;
  • non avrei mai detto di rivivere un pezzo della Storia raccontata in classe al momento di pagare delle calamite in un souk: precisamente nel momento in cui scopro entusiasta che sulla banconota da cinque dinari tunisini è raffigurato il grande Annibale. Alla faccia stupita del commerciante, che non si capacitava che lo conoscessi, mi sono ritrovata pure a fare la sborona, ricordando all’ignaro signore poco ferrato in antiche guerre, che quelle puniche, alla fine, contro di loro le abbiamo vinte “noi”!;
  • capisco all’improvviso il motivo per cui ai tunisini noi toscani facciamo particolare simpatia quando faccio caso a quanto le nostre aspirazioni consonantiche non siano poi così diverse!;
  • è bello rendersi conto che, anche se ti allontani migliaia di chilometri da casa, ci sarà sempre qualcosa che correrà più veloce di te, e quel qualcosa sarà il Disagio. Disagio che porterà alla nascita di fantastiche amicizie di jeep con altri partecipanti ugualmente interessati dalle sfighe e che si confermerà, magicamente, in salti spericolati sulle dune (che quasi ci fanno capovolgere), momenti di dispersione nel deserto e climatizzatori che all’improvviso ci abbandonano, manifestandosi nella forma di un tubo pendulo che il nostro autista estrarrà a un certo punto dal suo (e nostro) cofano!;
  • io lo dicevo che il dromedario due volte non ce la facevo a sostenerlo perché, come mi facevano intuire le mie vertigini, c’era il rischio di cadere di sotto! Io lo sapevo, e i nostri amici l’hanno invece sperimentato, finendo attaccati alla sella, sdraiati e col culo sulla coda del simpatico animale, rischiando sul serio di cadere, nel mezzo dell’indifferenza beduina!;
  • c’è qualcosa che ci ha accompagnato durante le cene delle escursioni, nei pranzi a buffet o in quelli al ristorante, e che lo ha fatto in dodici forme diverse: il cous cous. Un tempo mi piaceva molto, lo ammetto, ma adesso per un pezzo me ne devo disintossicare;
  • dopo una giornata a saltare sulle dune in jeep, prendere ogni simpatico stradello che il nostro giovane autista scorgeva, visitare città berbere sotto il sole a picco e giocare a sorpassi azzardati con gli altri autisti (tutti pacati e tranquilli), come fai ad arrivare ancora fresco e pimpante nell’accampamento beduino, anche se è tutto bellissimo, compreso il letto sotto le stelle? Non ci arrivi, infatti, e crolli appena tocchi il materasso. Capendo poi, purtroppo troppo tardi, che gli altri si sono goduti nel frattempo il magnifico cielo stellato del deserto mentre tu hai beatamente dormito fino alla mattina!;
  • intuisci che il fatto di essere italiana forse giustifica il tuo lato nerd quando, arrivando a Matmata, villaggio troglodita alle porte del deserto del Sahara, tutti gli italiani (specialmente i babbi e i maschi in generale) si fiondano a vedere la location in cui è stato girato il più vecchio episodio di Star Wars, fra gli sguardi dei tunisini che invece dicono fra loro “mah, agli italiani questo posto piace sempre così tanto!” con tono fra il perplesso e il sorpreso;
  • che delusione quando, l’ultima sera, decidi di fare la grossa e provare a fumare il narghilè (lasciando le sigarette ai povery) e ti ritrovi, su consiglio del cuoco italiano, ad aspirare uno strano fumo inodore ma dal netto sapore di “tipico”…Big Babol!;
  • a fine vacanza, facendo un bilancio, percepisci comunque un netto aumento dell’autostima dovuto al generale baccaglio maschile. Che sia stato poi da parte di un portoghese attempato in vacanza di gruppo con l’ex moglie (?), del suddetto ragazzo del villaggio in modalità-cozza o dell’autista spericolato che ti avrebbe comprato per una Lamborghini, poco importa. L’importante è senza dubbio riderci su!;
  • degna conclusione del viaggio, e specchio metaforico di un po’ tutto questo nostro umano vagare che, come diceva il caro Orazio, ci porta a mutare i luoghi ma non a fuggire da noi stessi, è stato un dettaglio del volo di rientro. Come fai a non essere presa da un moto di tenerezza e imbarazzo insieme, infatti, quando, seduta per caso nella fila posteriore della coppia di non-più-giovani-ma-abbronzati-sì-e-fighi che erano nel tuo villaggio, a causa di un sedile inclinato, puoi assistere a tutta la loro disamina del book fotografico assemblato con cura in una settimana, fra pose provocanti, impanamenti di chiappe di lei, foto zoomate dei soli addominali di lui e, dietro, qualche vago cenno che sommessamente direbbe: siamo in Tunisia?

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