L’altra sera, a rivedere la Compagnia dell’Orso di Pistoia in azione coi suoi musici, arcieri, spadari, danzatori e, soprattutto, sbandieratori, ho ripensato dopo tanto tempo alla mia breve (ma intensa) esperienza da sbandieratrice imbranata.
E ho concluso che alcune cose, in fondo, le bandiere te le insegnano davvero.
Tipo che a volte fa bene fare qualcosa che non ti senti proprio in grado di fare. Perché così, anche il poco che otterrai, basterà comunque a non farti annoiare di te stesso.
Che la maggior parte delle volte viene applaudito di più un gioco di bandiere facile ma spettacolare che un gesto tecnico difficile ma seminascosto.
Che le differenze ci salvano davvero, senza retorica. Perché le bandiere senza i musici non avrebbero la prosa necessaria del ritmo e i musici senza bandiere non avrebbero la loro necessaria poesia di visione.
E soprattutto che, negli scambi a due (come nella vita), quello che fa la figuraccia se non riesce a riprendere la bandiera altrui è in genere anche quello che, la sua, invece l’ha tirata bene.