Qualche giorno fa si è concluso il corso di filosofia che ho svolto al Liceo Artistico “P. Petrocchi”, nella sede di Quarrata.

Proporre filosofia ai ragazzi? Ehm.
Per molto tempo ho pensato che il corso neanche partisse, in realtà. E invece.

Non ho ancora capito bene perché, ma quasi una dozzina di ragazzi e ragazze fra i sedici e i diciotto anni sono davvero tornati a scuola apposta per seguire cinque incontri extra di filosofia, sapendo pure che non ci sarebbero stati voti, graduatorie, esami, interrogazioni, crediti.

Oddio, chissà che non l’abbiano fatto anche per quello. Perché sono sempre troppo poche le occasioni che permettono di uscire dal meccanismo performativo e aziendale a cui spesso la nostra scuola è costretta a sottostare…

Ma questa è un’altra, ben più ampia, triste e intricata storia.

Tornando al mio progettino, in questi cinque incontri ho cercato di fare una sola cosa, in fondo: lanciare in giro qualche seme.
Da piantare nei campi più vari: dalle pratiche filosofiche al campo della scienza e della tecnica, dallo studio dell’arte e dell’estetica all’uso del linguaggio e della persuasione, fino a giungere a una riflessione politica in senso ampio, sul piccolo fascista che ognuno tiene in sé, per immaginare insieme un mondo nuovo e migliore.

Non so se qualcosa di tutto ciò rimarrà.
Lo spero, e spero che se non fiorisce oggi, lo faccia magari fra settimane, mesi o anni.

Quello che so è che mi sono divertita a vivere in questa piccola comunità, come spero si siano divertiti i ragazzi e le ragazze stesse.

Ogni volta che mi ci ritrovo in mezzo, mi accorgo di quanto per me sia illuminante condividere un pezzo di strada con questi bistrattati e benedetti adolescenti, che riescono tanto bene a farci dannare quanto, altrettanto e forse più, a ricordarci qual è il succo delle cose.

E se devo scegliere che qualcosa rimanga loro addosso, spero di cuore che sia il gusto del domandare.
Perché in tempi in cui tutti hanno la risposta pronta, la differenza a mio parere la farà chi saprà porre le domande giuste.
Dandosi poi tempo per pensare e approfondire criticamente, scavalcando la comodità del conformismo e il facile rifugio delle nozioni imparate a memoria, a volte scusa per non affrontare il mondo.

Insomma, auguro a miei giovani e alle mie fanciulle, come a tutti gli adolescenti in generale, di uscire da scuola con “una testa ben fatta, che è meglio di una testa ben piena”, come direbbe Montaigne.

Perché al di là di questo mio piccolo esperimento da dilettante, di una scuola che forma e che ispira e di ragazzi su cui riporre grande fiducia c’è davvero un estremo bisogno.
E la filosofia sarebbe uno strumento magnifico per far emergere tutto questo futuro e tutta questa bellezza.

Lascia un commento