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Venti sono le prime case che formano Macondo.

Decine i Buendìa che si susseguono fra le pagine del romanzo, di cui segnare il nome per non perdersi nella foresta delle genealogie, fra i continui Aureliano e Josè Arcadio che si accavallano senza pietà, e di cui ti trovi a vestire ogni volta pelle e pensieri.
Pensando ogni volta che non potrà esserci un personaggio tanto indimenticabile quanto quello appena letto, ne sei sicuro! E invece ne arriva subito un altro, avvolgente o spietato, a stregare di nuovo il cuore e trattenere il respiro.

E le donne! Che donne carnali e sfrontate, imprevedibili e potenti, compaiono l’una dopo l’altra, o una accanto all’altra, capaci di mostrarsi nella più alta astuzia o nella più miserabile allegria.

Cent’anni sono quelli che vive la città di Macondo e la famiglia Buendia.

Ma la vera solitudine del titolo la senti solo alla fine di queste 378 pagine, che come un gorgo ti trascinano giù con loro, negli abissi e nelle meraviglie dell’umano incancrenito alla natura; e quando tutto finisce, dopo averci messo del tempo per prendere l’andatura di questi sontuosi personaggi, ognuno dei quali è un cosmo intero, non riesci poi per un pezzo a riprendere la vita quotidiana, a reinserirti nel flusso dell’attuale, che ormai è ovvio, lontano dalle vette immaginifiche e selvagge del miglior Garcia Marquez.

Tutto sembra troppo banale e troppo reale, quando riprendi fiato dopo questa lettura travolgente, e davvero la solitudine la senti in te, come se avessi perso d’un colpo il paese che ti ha abitato dentro fino ad allora e la gente che era là e che anche tu, a volte o a pezzetti, sei.

“Cent’anni di solitudine” è un libro che non smetterò mai di consigliare perché sono passati quasi dieci anni da quando l’ho letto e ormai ho dimenticato gran parte delle vicende narrate, eppure è ancora impossibile per me staccarmi di dosso l’appiccicosa nostalgia di personaggi e luoghi che quest’opera monumentale come un poema epico e dimessa come un grembio sporco mi ha lasciato addosso.

E certi sguardi vivi, certe emozioni impensate, certe sensazioni di incanto carnale, solo chi ha avuto a che fare per ore di lettura a contatto con i Buendia sa cosa vogliono dire.

Siete pronti a provare?

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