Dopo aver tentato di visitare la splendida capitale dell’Olanda nell’aprile 2020 – periodo azzeccato, vero? – e aver dovuto, di conseguenza e inevitabilmente, disdire tutto per chiudersi simpaticamente parecchi mesi in casa, finalmente quest’anno io e i miei amici siamo riusciti a guadagnarci questa vacanzina, breve ma intensa.

E siccome non posso riportarvi nè tulipani nè altri souvenir fumanti dalla città, accontentatevi di queste mie occhiate e vari pensieri sparsi!

  • Capisci di non aver sbagliato destinazione quando, appena hai messo letteralmente piede fuori dalle porte scorrevoli dell’aeroporto, vieni circondata da una nube odorosa di Maria – che no, non è la tua vecchia amica – che poi non ti mollerà mai più (anche se ancora non lo sai) nel corso dei giorni in giro per quella ridente, svagata, città.
  • Neanche il tempo di arrivare e già ti senti in difetto, perché ti accorgi di ignorare che Olanda e Paesi Bassi non sono la stessa cosa: infatti si chiamano Olanda solo le due province più ricche e antiche che costituiscono i Paesi Bassi. Paesi Bassi che, appunto, sono sotto il livello dell’acqua, sono tanti di più (dodici!) e hanno pure nomi evocativi e arcani, come Zelanda, Frisia, Gheldria o Groninga.
  • Con che animo potrò brontolare gli alunni che porto in gita, ora che ho constatato che, se mi capita di far parte di un gruppetto di sette baldi giovani e donzelle in vacanza, insieme facciamo più casino di una scolaresca del liceo??
  • Ad Amsterdam ci sono magnifici negozi della Lego. Ma soprattutto sono le case stesse che sembrano assemblate con i Lego.
  • Il primo impatto con la cucina del luogo mi ha comportato una semi ustione del palato da zuppa bollente e – nonostante i complimenti della cameriera per la scelta fatta – mi ha reso subito evidente quanto avrei stretto amicizia con le cipolle, da quel momento e per i giorni a venire.
  • Un altro elemento architettonico che è impossibile non notare nelle case di Amsterdam sono i ganci appesi in cima alle facciate: se le facciate sono strette per antico retaggio di esose tasse in base all’estensione della loro superficie, infatti, i ganci servono invece a spostare oggetti pesanti senza farli passare dall’interno. Considerando il vento che spesso tira da quelle parti e le dimensioni ridotte degli spazi, capisci pure perché molte case sono anche inclinate in avanti: tentano di scansarsi dalle inevitabili botte oscillanti da trasloco!
  • Con grande gioia di una delle mie amiche, fin dal primo giorno farai anche la conoscenza degli Stroopwaffel, simpatici dischi di cialda sottile, che sembrano uniti fra loro dal caramello e che potranno subito ispirarti…almeno finché non capirai che sono intrisi di cannella in ogni dove. Malefica condanna della cannella, che si infiltra ovunque e rende uguale a sé ogni cibo!
  • L’Olanda per molti aspetti è certo un paese più libero e moderno di noi (anche perché non ci vuole moltissimo) ma sappi che mentre aspetti di entrare nel Van Gogh Museum, anche nella civile e rispettosa Olanda troverai un’improbabile, anziana, bagarina ingioiellata che cercherà di venderti biglietti maggiorati dell’ultimo minuto!
  • Vedere le opere di Van Gogh in uno spazio così grande e ben allestito, che dà loro il giusto lustro e contesto, è veramente un’emozione. Avere appena ripassato, a scuola, la vita, la visione e le opere di un artista così tormentato e umano, poi, ti fa brillare gli occhi quando ti trovi, in carne e ossa, di fronte alle tele che ha dipinto, di fronte alle storie che ha attraversato, alle immagini che ha reso quotidiane eppure immortali. Provi in quell’attimo l’esatta sensazione di rivedere un vecchio amico: sai cos’ha vissuto, lo ritrovi in ogni dettaglio e ti ricordi, però, che parla anche di te.
  • In musei così celebri e frequentati si svolge un doppio spettacolo, parallelo ma ugualmente affascinante, sia dentro che di fronte ai quadri: infatti ti guardi intorno e vedi, nell’ampio salone, il mondo due volte riflesso. Una prima volta, all’interno delle opere di Van Gogh e dei suoi amici, fra tele con donne parigine, giapponesi, africane, e una seconda volta nei paia d’occhi che li ammirano e gli sorridono, ugualmente francesi, giapponesi, olandesi, africani. In luoghi così, la guerra è una ciarlataneria.
  • Fin dal primo giorno in città, capisci che è inutile provarci, non ce la farai mai: è impossibile scansare tutte le biciclette e tutte le foto alla città. E forse Amsterdam è quello che resta, in mezzo fra le due.
  • Che strano effetto che fa leggere spesso, e vedere concretamente reso a Begijnhof, come i cattolici abbiano dovuto nascondere, all’epoca della Riforma protestante, la loro fede, mimetizzando le chiese come fossero case, nascondendosi e temendo la persecuzione altrui. Fa strano perché, di solito, siamo più abituati al contrario.
  • Girovagando in cerca di un locale con cibo olandese, ci rendiamo conto che questa è un’impresa quasi impossibile. Ad Amsterdam troverai infatti un 80% di locali italiani, un 15% di locali argentini e un 5% di locali indonesiani o giapponesi, e alla fine ti verrà il dubbio che le pietanze più tipiche di Amsterdam siano davvero la pizza, le lasagne, gli arancini o le orecchiette.
  • Oltre alla cipolla, – ormai nostra amica – , anche la carne è onnipresente nella dieta poco onnivora degli olandesi. E anche quando penserai che quello che vedi sia un semplice piatto di pesce, una zuppa o delle verdure, stai sicuro che della carne ci sarà, nelle più varie forme, consistenze e dimensioni, nascosta là in mezzo ad aspettarti.
  • Che belle che sono le ceramiche bianche e blu di Delft! Mi avvicino, le spulcio e capisco che le voglio tutte! Poi ne giro una, ne scorgo il prezzo…e la riappoggio delicatamente sulla mensola, mentre esco, noncurante, fischiettando.
  • I modi, i toni, le velocità e lo stile di guida che in Italia spopola fra gli automobilisti, in Olanda esiste pari pari, ma fra i ciclisti. Che là diventano così veloci, instancabili, violenti e implacabili al punto che hai molta più paura ad attraversare una pista ciclabile che una carreggiata intera piena di macchine.
  • Mentre sei perso nel mercato dei fiori, fra bulbi e semini di ogni tipo, potrai notare una lunga fila di persone in coda, tutte donne, con abiti dalla foggia medio orientale. Turisti in cerca di souvenir! Potrai pensare. E invece no, è una fila di ricche signore eleganti che fanno la coda felici e impazienti di fronte a una celebre marca di hijab e chador di mille tipi e colori, ma di un uguale prezzo. Altissimo.
  • La visita all’ “Alloggio segreto” di Anna Frank, ovvero alla casa-rifugio dove lei ha vissuto due anni con la sua famiglia e altri ebrei in fuga dalle deportazioni, mi ha insegnato l’assenza. Quello che lì fa più male, quello che colpisce di più, nelle stanze spoglie e nei filmati accesi, è proprio il vuoto lasciato dai mobili, il silenzio lasciato dalle voci, lo sconforto lasciato dalla delazione che permise il loro arresto. Ma anche l’orma di un pensiero giovane eppure profondissimo, capace di sentirsi tutto il male addosso eppure provare ancora un’assurda, decisa fiducia nella bontà del genere umano. Che oggi è davvero, più che mai, messa alla prova.
  • Amsterdam è quel luogo in cui puoi perderti fra i vicoli seguendo passivamente il tuo amico che indica la strada e, – sovrappensiero mentre attraversi un vicolino stretto e tipico – , ritrovarti ad abbassare gli occhi un istante e imbatterti in delle grosse tette. Enormi tette. Troppe tette. Che si affacciano sorridenti all’improvviso.
  • Sono sempre perplessa quando si tratta di mostre di street art, perché penso che il luogo naturale dove la street art deve stare sia proprio in quelle vie e su quei palazzi per cui è nata. Ma poi sono stata allo Straat Museum di Amsterdam, con i suoi hangar immensi, recuperati da fabbriche dismesse e saggiamente diffusi di grandi opere meravigliose e vigorose, e ho cambiato idea.
  • Essere in uno stupefacente luogo di street art come quello, in fondo, può rivelarsi davvero come stare in mezzo a una strada o in fondo a un vicolo, specialmente se accadono incontri come quello accaduto al tuo compagno, a cui, mentre girava ammirando gli enormi pannelli d’arte, si sono avvicinati due ragazzi a chiedere una foto, vicino a un’opera che rappresentava un grande sedere nudo…e per essere più in tema, si sono ignudati, svelti e contenti, pure le loro chiappe!
  • Sempre nel suddetto luogo, ma nell’ampio piazzale in cui si sente fervore di arte e diritti civili, anche due fanciulle possono chiederti di fare una foto insieme sotto un enorme arco dai colori sgargianti del mondo LGBTQ+, ma allora sarai felice di vedere un altro, naturale, aspetto dell’amore, che cogli nel loro abbraccio sincero e intimidito.
  • Non c’è condanna peggiore, per chi come me ama fare foto, di quella che provi quando ti arriva la terribile notifica a ricordarti che hai appena finito lo spazio di archiviazione nel telefono, e di foto, al momento, non puoi farne più. E mentre non te ne capaciti, – visto che questi cellulari moderni dovrebbero avere una capienza infinita! – , capisci che forse la tua smania di foto lo è di più.
  • Lo Zoo di Amsterdam è stato una scoperta insospettabilmente piacevole: per quanto alcuni animali stiano in spazi troppo stretti e ciò ti stringa il cuore, vuoi mettere l’emozione di entrare nelle grandi serre dove sono tutti liberi di dondolarsi, volare e camminare in giro intorno a te? Tutti tranne il bradipo, ovviamente. Che in un angolo a dormire stava e lì è rimasto, placido, confermando per questo il mio grande amore per lui.
  • Per quanto fossimo decisamente un gruppo-gita assai poco trasgressivo, se vai ad Amsterdam come fai a non assaggiare almeno un biscottino impastato con quella “canna” che non è da zucchero? Per quanto la scritta “very strong” campeggiasse sull’etichetta del barattolo, ci siamo resi ben presto conto che tali biscottini non avevano però effetto alcuno, se non sapere di cioccolato… O almeno così credo. Infatti può darsi che siano stati loro a farmi passare gli immancabili dolori da inizio ciclo: in quel caso, ne avrei dovuto fare una bella scorta!
  • Più che le ddroghe, è stato l’alcol a mietere qualche vittima, vista la scarsa resistenza dei vecchietti che ormai siamo, non più abituati a gestire una degustazione nell’immancabile birreria accanto a un mulino a vento, da cui un mio amico è uscito assai allegro. A dirla tutta, però, non so proprio se la grulleria venisse dai biscotti, dall’alcol o semplicemente dalla naturale scemenza personale liberata.
  • Ad Amsterdam ci sono le “Boulangerie” per il pAne e le “Condomerie” per il …. !
  • Ecco a cosa somigliano certe case olandesi, specialmente nella zona del Damrak, stipate storte le une contro le altre, così che sembrano tenersi su a vicenda! A calciatori in barriera, agitati e attenti, appena prima del tiro di un rigore.
  • Il Damrak di Amsterdam per un viareggino sarebbe solo un modo esotico di chiamare la Darsena.
  • Quando vedi l’enorme e nuovissima Biblioteca pubblica di Amsterdam, che si chiama OBA, davvero ti viene voglia di dire: O BAda bella!” E subito dopo, girando fra i sette piani, il teatro, il caffè, la terrazza e gli smisurati scaffali, ti sale anche un improvviso e conseguente desiderio di imparare l’olandese!
  • Non potevamo lì dentro non cercare la zona in cui si parla degli altri paesi del mondo, non foss’altro per dare un’occhiata a quello che pensano gli olandesi di noi. Sfogliando un paio di libri e traducendo le scritte con Google Lens, abbiamo capito che, dal loro punto di vista, gli italiani tengono moltissimo all’immagine, a fare bella figura, e questo si esprime nella cura del corpo tanto quanto nell’ansia di nascondere ciò che è inopportuno, inadeguato, non conforme. E fra le 61 icone che l’Italia ha creato e consegnato al mondo, accanto a Dante Alighieri, la Ferrari, Armani o il Calcio, due icone che hanno identificato in noi ci hanno colpito di più: la prima pure prevedibile, la seconda un po’ meno. I nostri grandi marchi di fabbrica, infatti, a parer loro sono “La mamma”, così definita già in olandese, con cui gli italici figli continuano ad abitare fino alla maturità, facendosi servire e riverire finché possono, e il bel faccione di Berlusconi, a definire il nostro Populismo marchio DOC. Su entrambi i temi il giudizio degli olandesi è fra il perplesso e il contrariato. E come dargli torto?
  • Era già chiaro che agli olandesi piacciono la carne, il formaggio e le patate? No, perché dopo quattro giorni a mangiare pressoché solo quello, mi sa che il concetto l’abbiamo afferrato bene pure noi!
  • Unica eccezione degna di nota sono le splendide aringhe con la cipolla (ovvio!) e i cetrioli, che spuntano ovunque, vendute da banchi di caratteristici street food. E io che pensavo che il cibo da strada fosse tipico dei paesi del sud, e mi ero persa questa meraviglia!
  • Solo quattro sciagurati come noi possono attraversare su e giù il Quartiere a luci rosse di Amsterdam andando in cerca, invece di sesso facile, di un fantomatico ponte stampato in 3D che non riescono a scovare! Per poi accorgersi, dopo aver visto un discreto numero di labbra tutte identiche, seni tutti ugualmente gonfi e clienti che contrattano nelle vetrine, che il simpatico ponte era stato spostato da lì un paio di anni prima, trasferendosi in tutt’altra parte della città per riposare.
  • Per tre del gruppo, comunque, il viaggio in tale Quartiere è stato pure istruttivo: abbiamo infatti imparato cos’è un Peep Show e siamo stati così pedanti con le domande e precisi con le puntualizzazioni, da far passare qualsiasi voglia a chi avrebbe volentieri voluto andarlo a vedere!
  • C’è stato un momento in cui, nell’ultimo giorno di vacanza, mi sono sentita davvero a casa: precisamente quando la cameriera ha deciso di sottrarmi parte della mia preziosissima colazione, sfilandomi i piatti di sotto prima ancora che finissi di mangiarla. Che cara: tutta mia madre!
  • I tuoi compagni di vacanza possono essere definiti,- ho capito – , dal numero di colazioni che fanno. C’è chi, quando scendi dalla camera, ancora non c’è, e quindi è a zero, e c’è chi, nel tempo che tu arrivi, è già al secondo, ma pure al terzo, giro.
  • Il signore cinese che ha messo su il racket del bagno, unico agibile nella lunga via del Cuypmarkt, dove si mangia di tutto ma non c’è modo di espellere niente, ha avuto in fondo un’idea da vero capitalista, agendo sui bisogni indotti della gente. Dopo aver preso i nostri soldi, però, poteva almeno impostare la luce del bagno perché durasse più di cinque secondi, invece di rendere una pisciatina un’impresa da fare al buio, come a occhi chiusi!
  • La visita finale che ho scelto di fare allo Stedelijk Museum mi ha regalato delle gioie, per quanto riguarda l’arte moderna esposta all’interno, mentre il piano sull’arte contemporanea che lì ho incontrato mi ha lasciato un po’ interdetta. Le opere di arte contemporanea vanno capite e non è sempre semplice, lo ammetto. Una in particolare, però, mi è arrivata con forza: un’intera stanza occupata da una barricata, fatta di auto, cartelli stradali, mobili e altri pezzi di vita quotidiana, era infatti composta pure con alcune opere d’arte facenti parte del museo stesso. L’opera, dell’artista curdo Ahmet Ögüt, era ispirata alla proposta che a metà ottocento Bakunin fece di usare i dipinti del Museo Nazionale di Dresda per comporre barricate in grado di fermare l’avanzata prussiana. Ancora non sapevo che tale barricata era stata richiesta da associazioni Pro-Gaza per una loro manifestazione, come da accordi in precedenza presi col museo, e all’ultimo poi negata, ma già mi salivano spontanee tante domande: qual è il confine fra l’arte come mera merce, come espressione estetica intoccabile e come pezzo di mondo, che può cioè influire a cambiarlo? Quand’è che ci siamo scordati del potere reale dell’arte, della sua capacità di dire il mondo in un modo nuovo e disturbante, capace di creare, – davvero -, una realtà aumentata di senso e dimensioni? E soprattutto, l’arte può essere sul serio, ancora oggi, una forma di resistenza, un argine alla sopraffazione e alla violenza che pullulano intorno?
    Lo so, domande difficili e riflessione improvvise, ma ogni tanto – per fortuna! – mi ricordo perché mi sono laureata in Estetica, studiando Filosofia.
  • Le beghe che troverai al rientro dalle mini vacanze saranno direttamente proporzionali alle gioie accumulate in quei benedetti giorni precedenti.
  • E alla fine, dopo aver camminato in lungo, in largo, in alto e in basso in una Amsterdam fredda ma colorata, accogliente e spensierata; dopo averne intuito i locali, lo spirito underground, la vocazione alla pace e alla memoria, e quell’atmosfera che ha, nordica ma non troppo, davvero possiamo dire che questa bella città, che consiglio e finalmente ho visitato, è come una Bologna nostra, che ce l’ha fatta.

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