Nel mondo antico o nel Medioevo l’infanzia non esisteva. Figuriamoci l’adolescenza.
I primi anni di vita erano visti come un impiccio da cui togliersi in fretta, un passaggio noioso e necessario (quindi malvisto e assai accidentato) che aveva l’unico scopo di condurre all’età adulta, quando si poteva finalmente iniziare a esistere come soggetti e servire a qualcosa, tipo nei campi o nei matrimoni. Sempre se uno riusciva ad arrivarci vivo, poi, che sennò i genitori erano costretti a ripartire dal via, per produrre di nuovo fratelli e sorelle.
Oggi, chiunque direbbe che siamo anni luce lontani da tutto ciò.
Spesso i bambini, oggi, sono anzi i veri direttori della vita familiare, il centro e il senso di ogni cosa: possono scegliere fra dodici tipi di zaino, trentasette sport da frequentare, 700 canali tv da seguire e così via. Sono cioè perfetti nuovi bacini da educare a consumare (ed esser consumati.)
Così come i ragazzi e le ragazze che nel frattempo hanno riempito lo spazio definito “adolescenza”: quelli che vengono pian piano addestrati a diventare consumatori perfetti, a lottare gli uni contro gli altri per una borsa o per uno smartphone o a vagheggiare professioni redditizie da portare avanti col minimo sforzo e la massima resa, oltre che, ovviamente, la maggior visibilità possibile.
Insomma, è chiaro!
Negli ultimi decenni abbiamo fatto proprio di tutto per togliere slancio alla potenza libera e dissacratoria, genuina e frastagliata di quella fase di vita che dovrebbe precedere “l’età della ragione” senza mai abitarla, e che quindi, per molti adulti di oggi, dovrebbe solo pascolare nei prati del divertimento futile e del consumo facile.
Abbiamo cercato di svuotarla di forza e di senso in maniera diversa, ma non troppo, rispetto all’antico tempo che fu. L’abbiamo fatto per sentirci migliori, per sentirci al sicuro.
In questi mesi di attenzione (finalmente!) crescente per la nostra disastrata barca comune di nome Terra, quindi, mi viene da pensare questo: ciò che irrita molti adulti, rendendoli incredibilmente cinici, volgari e perfino violenti verso una ragazza determinata a protestare in prima persona per l’ambiente e verso tutti gli adolescenti che la seguono, forse, non è la giustezza o meno della questione in ballo. No.
Forse, quello che offende davvero molti adulti più o meno potenti, è in realtà la rivendicazione ultima che molti nostri ragazzi e ragazze fanno, con la loro azione civica, per riacquistare una propria autonomia in quanto persone, per dimostrare una loro identità unica, svincolata dagli obblighi del consumo e dalle strade già tracciate per loro da un mondo adulto, spesso ipocrita e sempre più miope a loro spese.
Proprio questi adolescenti oggi scendono in strada e sbattono in faccia al mondo una coesione generazionale che molti adulti forse non hanno mai sperimentato e una spinta ideale che di sicuro hanno perso.
Alcuni ragazzi sono andati a manifestare solo per non andare a scuola? Può darsi.
Altri non mettono in pratica nel quotidiano comportamenti sempre coerenti con la sensibilità ecologica? Può darsi anche questo.
Ma il fiume di giovani che spesso nelle strade ha ragionato, cantato e fatto rumore, sì, ma per difendere qualcosa che non si compra e che non è riducibile all’egoismo dei diciott’anni, è diventato una manifestazione così evidente del loro essere persone autonome, sensibili e capaci di uno sguardo lontano (oltre che finalmente diverse dai loro padri, nonni e zii) che il dito alzato da tanti adulti non basterà più a nasconderli tutti.