Auguri a chi gli auguri quest’anno non li riceverà
o li riceverà soltanto dalla banca o dal supermercato.
Auguri a chi fra tanti aspetta solo quel messaggio, anche se sa che non arriverà,
mentre è sommerso dalla felicità in odor di spam dei messaggini in serie.
Auguri a chi spera che il Natale passi presto,
da quando il motivo per festeggiarlo non lo ha più.
A chi guarda il presepe e vede solo una mangiatoia vuota
perché il bimbo che portava in sé si è perso,
o a chi il suo bimbo l’ha potuto coccolare troppo poco,
prima che venisse richiamato fra le stelle.
Auguri a chi un figlio non l’ha voluto, ne ha sofferto,
ma è schiacciato dalla colpa di non esserne pentito.
Auguri a chi ogni giorno c’è per quel figlio vivo ma lontano,
nel corpo o nella mente, e che non può capirlo (o non tornerà.)
Auguri a chi ha perso un figlio giovane da anziano
e si sente in colpa se di morire ancora, comunque, non gli va.
Auguri a chi per Natale vede ancora al piatto accanto
suo padre o sua madre che ridono alle battute degli zii,
o a chi invece porta con sé in ogni tavolata
un ospite inatteso che lo ha invaso e non lo lascerà.
A chi a Natale si sente solo in mezzo a tanti,
rifiutato per quel compagno che ha scelto, ama e vuole accanto a sé,
o a chi ogni anno è più convinto che un compagno non lo avrà
e da solo lo resterà per sempre.
A chi ci aveva creduto tanto a quella meta,
e aveva speso tempo, forze, anima e passione
ma poi tempo, forze, anima e passione non gli son bastati.
A chi pensava di avere sempre tempo per risolvere,
ma poi è finito d’improvviso il tempo e non ha concluso più.
A chi scambia l’accondiscendenza per amore,
e crede che piacere agli altri sia il modo per acquistare dignità.
A chi subisce violenza ma sta zitta
perché crede di non esistere, da sola (e il mondo non l’aiuta!)
A chi per anni si è disprezzato, odiando peso e specchio,
e poi un giorno si è alzato, ha deciso di mandare in culo tutti e amarsi per com’è.
A chi non gli è stata mai insegnata tenerezza, o l’arte di esprimere emozioni
e quindi non le sa dire e non le riconoscerà.
A chi pensa di dover portare sulle spalle qualunque peso
e di doverlo fare per trovarsi un senso,
a chi quel senso lo ha trovato solo nel lavoro,
e anche se lo soffoca non sa come sfuggire, ormai.
A chi è avvolto nel gomitolo delle sue disperazioni
e non ne trova il capo
e a chi crede che ogni disperazione personale
sia legata a doppio filo al mondo fuori.
Auguri a chi si è sorpreso a diventare un altro,
rispetto alla ferme convinzioni su se stesso,
e a chi si sente in ogni caso inadeguato,
eppure non aspira che a essere integrato.
Auguri agli incompresi, agli incompiuti.
A chi non trova pace o non la vuole,
a chi non dà nulla senza qualcosa in cambio
e a chi invece l’amore lo vorrebbe gratis.
A chi non rientra nel canone, nella corretta norma, nella misura nota.
A chi è spezzato, solo, abbandonato.
Ai disarmonici e ai rifiutati,
scacciati da una persona, da un confine o da una lingua,
a chi non si perdona di essere com’è
e, in un confronto perenne col vicino, si stravolge pur di sentirsi giusto.
Insomma, Auguri.
Auguri di cuore.
A tutti quelli che avrebbero voluto abitare al sicuro
nella comoda stanza di una città qualunque,
ma si sono ritrovati a stare nel puzzo di una stalla
al fianco di un bimbo sdraiato nel fieno
e di una ragazza madre coraggiosa
in una notte fredda di dicembre.